Sulina, estremità orientale del delta danubiano, è un luogo particolare con una storia che merita di essere raccontata.
Anzitutto, diciamo subito che qui non arrivano strade, i mille rami del delta rendono possibile raggiungere Sulina solo per vie acquatiche, in secondo luogo è la cittadina più a est dell’Unione Europea, la qual cosa forse può maniacalmente interessare i geografi e pochi altri. A questo proposito, i materiali che fornisce l’ufficio turistico locale recitano, con una sparata un tantino eccessiva, che qui sia nata l’idea d’Europa unita e sia stato utilizzato per la prima volta in assoluto il termine “commissione europea” in riferimento alla Commissione Europea per il Danubio, costituitasi dopo la guerra di Crimea.
A seguito del conflitto di metà Ottocento, infatti, fu sottoscritto un trattato a Parigi che smilitarizzava ed internazionalizzava il Mar Nero. I firmatari del trattato decisero di creare una “Commissione Europea del Danubio” che tutelasse la libertà di navigazione. Fra i belligeranti c’era anche il Regno di Sardegna, che Cavour aveva voluto portare al tavolo diplomatico cercando un appoggio francese riguardo al progetto di riunificazione dell’Italia sotto la corona dei Savoia.
La sede di questa Commissione fu posta proprio qui a Sulina. Ogni paese membro vi inviò dei delegati. Fra funzionari, agenti marittimi, uffici degli armatori, attività dei cantieri e del porto, Sulina si trasformò: da villaggio di pescatori divenne in breve tempo una cittadina cosmopolita.
Della commissione facevano parte i rappresentanti di molti stati europei, della Russia e della Turchia. Non il Principato di Moldavia sui cui territori il delta si sviluppava. Fatto che non stupisce e anzi ribadisce solo la verve coloniale che caratterizzava (caratterizza?) i civilissimi signori d’Occidente.
Il cosmopolitismo di Sulina si capisce meglio guardando il censimento di fine Ottocento: su una popolazione di 4889 abitanti, 2056 erano greci, 803 romeni, 558 russi, 444 armeni, 268 turchi, 211 austriaci, 173 ebrei, 117 albanesi, 49 tedeschi, 45 italiani, 35 bulgari, 24 inglesi, 22 tartari, 22 montenegrini, 21 serbi, 17 polacchi, 11 francesi, 6 danesi, 4 indiani e 3 egiziani. Un microcosmo a sé.
Le nazionalità presenti, in virtù del Trattato o dei semplici interessi commerciali e marittimi, avevano la loro chiesa, ma il cimitero era uno solo, diviso in zone, secondo nazionalità e religione. Molte tombe sono ancora lì, piene di licheni ed erbacce. Percorrendo i sentierini tra croci e lapidi in un caldo pomeriggio di agosto si incontrano anche quelle dei familiari di Ugo Foscolo e di molti italiani della Dalmazia. Sepolti ai confini dell’Europa e mai tornati a casa.
La Commissione andò avanti fino al 1939, la Seconda guerra mondiale cambiò le carte in tavola e Sulina diventò l’armatissima frontiera fluvio-marittima della Romania e molte palazzine di stile sovietico furono costruite per ospitare militari e funzionari.
Di tutta questa storia oggi restano alcuni begli edifici ottocenteschi, alcuni screpolati casermoni in stato di abbandono, un faro che sorgeva nella sede della Commissione per il Danubio e che oggi non serve più, poiché il delta è avanzato di tre o quattro chilometri e, appunto, il cimitero.
Sulina a guardarla adesso è uno strano posto, sospeso e oscillante tra la città fantasma dai tanti edifici abbandonati e la stazione balneare in stile retrò. Le merci vanno ormai verso il porto di Costanza e sono poche le navi che passano la notte a Sulina aspettando di risalire il fiume verso Tulcea, il giorno dopo, partendo all’alba.
Il turismo dà qualche speranza, alcuni volenterosi organizzano bei giri nel Delta in motoscafo, aprono pensioncine e affittacamere. Se venite anche nel cuore d’agosto, senza una prenotazione, come noi, qualche sistemazione si trova.
A due chilometri dalla città c’è una grande spiaggia che un po’ sorprende, lì infatti l’atmosfera nostalgica del paese dei bei tempi che furono lascia spazio a una piccola spiaggia riminese, con bar, ombrelloni e campi da beach volley.
L’acqua è lagunare, un po’ verdastra, poco salina, ma il bagno si può fare. Per noi è stato l’unico modo per sfuggire alla caldazza agostana.
Nonostante questo suo fascino particolare, il suo essere naturale finis terrae d’Europa, la sua posizione immersa in una delle riserve di biosfera tra le più imponenti d’Europa, il grosso dei turisti che vogliono esplorare il delta fanno base a Tulcea, e Sulina, con i suoi edifici, le chiese, il suo cimitero pieno di storie, restano lì in un apparente lento declinare.
Come mi capita di notare, finisco spesso in luoghi che stanno finendo sotto il caterpillar della storia, in via di scomparsa, istintivamente li vado a cercare, come fossi assalito da una specie di nostalgia preventiva. Forse ci vorrebbe uno psicanalista o forse è l’ennesima fascinazione per il confine, qui, oltre che geografico, anche temporale, la frontiera in cammino tra il passato e il presente di un luogo d’Europa.